Coltiva i tuoi talenti #0
L'aggiornamento periodico di Fattoria dei Talenti per ottenere il massimo dalle tue persone!
Usa il Talento in modo produttivo
Talento in azienda: come riconoscerlo, svilupparlo e farlo crescere
Nel primo numero della newsletter periodica di Fattori dei Talenti: Coltiva i tuoi Talenti non era pensabile non partire dal Talento.
Nel linguaggio comune il talento viene considerato una sorta di rarità. Si parla molto di talento nel mondo dello sport e ci si riferisce a persone come Cristiano Ronaldo, Tadej Pogačar o Max Verstappen come atleti talentuosi. Questi atleti e altri come loro, sono molto di più di talenti. Sono dei fenomeni. Di persone come loro ne nascono una ogni 10 anni.
Nelle nostre aziende non dovremmo desiderare di avere dei fenomeni perché saremmo in balia della fortuna.
Nelle nostre aziende dobbiamo desiderare persone che utilizzino il loro talento a fini produttivi. Tutti abbiamo qualche talento.
Ma cosa significa esattamente “talento”?
Il termine “talento” ha radici antiche. Originariamente, il talento era un’unità di misura del peso e della moneta nell’antica Grecia e Roma.
Col tempo, la parola ha assunto un significato più figurativo, diventando sinonimo di abilità o capacità straordinarie.
Oggi, il talento è comunemente inteso come una combinazione di capacità innate e competenze sviluppate, che permettono a un individuo di eccellere in un campo specifico.
Questo vale anche per qualunque ruolo aziendale perché ogni ruolo richiede talenti specifici.
Se devi sviluppare una nuova area di mercato ti serve un venditore arrembante che abbia il talento della determinazione. Vorresti uno che non molla mai perché sai già che riceverà molte obiezioni e la sua determinazione, sarà indispensabile per trasformare un’obiezione in una vendita.
Se vuoi mettere in sicurezza la tua azienda dal punto di vista finanziario vorrai avere una responsabile amministrativa molto autodisciplinata e organizzata, una persona che ha alti standard in ciò che fa e che ha dimestichezza con i numeri e che fa pochi errori.
Ogni ruolo richiede specifici talenti e ogni persona è dotata di qualche talento. Il compito dell’imprenditore o del manager è assicurarsi che la persona che deve incarnare un ruolo specifico sia dotato dei giusti talenti.
Questo passaggio è il primo atto che determina il successo o l’insuccesso di un tuo collaboratore e per farlo in modo oggettivo non serve la sfera di vetro, servono:
1. Strumenti oggettivi certificati che mappano il talento della persona;
2. Un consulente competente che ne sappia fare buon uso.
Questi due elementi combinati garantiscono un’affidabilità del 95% riducendo il margine di errore quasi allo zero.
Non è pura fantasia, è la realtà. Oggi questi strumenti esistono e la cosa migliore per apprezzarne il risultato e provarlo.
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Gli osservatori di Fattoria dei Talenti
Osservatorio sulla selezione 2024
E’ doveroso un ringraziamento a tutti gli imprenditori, CEO e manager che hanno dato il loro contributo, per arricchire il nostro osservatorio permanente. Qualche mese fa, abbiamo chiesto alla nostra numerosa community di Linkedin di rispondere alla nostra Survey “Osservatorio sulla selezione 2024”.
Sentivamo l’urgenza di farlo perché ci siamo resi conto che tutti i nostri clienti avevano selezioni aperte e incontravano vari gradi di difficoltà.
Per allargare il punto di vista e condividere esperienze, abbiamo chiesto la compilazione anonima della survey ai nostri contatti Linkedin. Hanno dato il loro contributo 1.751 contatti qualificati fra imprenditori, CEO e Manager e ora, condividiamo quali sono le principali evidenze emerse.
Non abbiamo la pretesa di offrire la stessa qualità di istituti di ricerca specializzati ma, il parere di 1.751 persona per noi ha un peso rilevante visto che viviamo la realtà delle PMI italiane.
In questo breve articolo diamo una panoramica globale sui principali aspetti e per chi fosse interessato ad approfondire, forniamo un documento più dettagliato.
Per rendere più fruibile l’articolo, riportiamo le principali domande della survey e le rispettive nostre considerazioni.
Tra le risposte, spicca in particolare la motivazione legata all’espansione di un’area in crescita, è così per il 62,2 % di chi ha risposta al sondaggio. Questo è un segnale positivo, perché indica che molte aziende continuano a crescere nonostante un clima di incertezza con i media che parlano di crisi dal 2008 senza interruzione.
Sappiamo che nulla resta immutato e quindi un’azienda o avanza o arretra.
Il 62,2% ci dice anche che queste aziende programmano la loro crescita, sono obbligate a farlo, per non perdere opportunità di mercato. La programmazione è un modus operandi fondamentale, per limitare le urgenze in azienda e avere risultati migliori.
Deve far accendere invece un campanello di allarme il fatto che il 22,4% degli intervistati dichiara che la selezione è stata attivata per sostituire un collaboratore in uscita.
Quasi un collaboratore su quattro è un turnover molto alto. Ovviamente è la qualità del turnover che ha valore. Sarebbe molto preoccupante se ad andarsene fossero i migliori collaboratori, quelli che portano il maggior valore in azienda.
E qui dovremmo farci qualche domanda:
• cosa sto facendo per trattenere le migliori risorse?
• quali azioni concrete ho messo in campo, per valorizzare il talento dei collaboratori?
• Quale storia sto raccontando al mercato, per rendere attrattiva la mia azienda?
Veniamo al terzo dato e facciamo un riconoscimento a quel 9,1% che ha dichiarato di tenere aperta la selezione per avere abbondanza di candidati.
Questa è un’ottima strategia perché permette di avere il tempo di fare le cose con più calma e andare in profondità quando capita un candidato interessante. La selezione fatta in emergenza, quando il bisogno inizia a diventare preoccupazione, è una modalità che si basa troppo sulla “fortuna” di trovare il giusto candidato piuttosto che avere il tempo, per fare la migliore scelta possibile.
Ogni PMI italiana dovrebbe alzare progressivamente la qualità dei suoi collaboratori, per aspirare ad avere il miglior team che un imprenditore possa desiderare. La nostra esperienza dice che chi usa questo approccio ha un gioiello di azienda dove si respira un ottimo clima e si producono tanti risultati.
Il 42% dei partecipanti ha indicato l’area produttiva/tecnica, seguita da un 34,9% che ha indicato l’area consulenza/vendita.
Questi dati non ci stupiscono e sono in linea con le selezioni che stanno gestendo i nostri clienti.
Sono dati coerenti anche con i movimenti geopolitici che spingono molte PMI italiane a riportare in Italia produzioni che erano a est, nell’area dell’attuale BRICS. Questo momento storico di forti tensioni ha messo in difficoltà molti imprenditori che prima del 2022 producevano in Russia o in Cina. Ovviamente non è una realtà che accomuna tutte le PMI, esistono spinte espansive naturali che impongono una crescita degli organici.
I dati emersi dalle vostre risposte sono omogenei anche se rapportati alle dimensioni delle aziende. Non sono solo grandi aziende che stanno espandendo l’area produttivo/tecnica e quella della consulenza/vendita.
Queste risposte sono molto interessanti perché evidenziano le abitudini delle aziende quando affrontano un tema strategico come la selezione.
Il 37,7% ha dichiarato di effettuare colloqui misti in presenza e on line. Quello che preoccupa è che un corposo 35,6% ha dichiarato di effettuare colloqui “solo” in presenza.
Sono dati che devono fare riflettere perché sempre di più a condurre il gioco sono i candidati che oggi “scelgono” l’azienda. Lo vediamo nella nostra normale operatività, il Covid ha dato una forte accelerazione alla digitalizzazione e ha sdoganato per sempre le video call.
Ci sono candidati che preferiscono fare il primo colloquio in video call, uno strumento che i giovani candidati considerano “normale” rispetto ai tempi. Un imprenditore o un manager che pretende di conoscere il candidato solo in presenza potrebbe perdere già delle buone opportunità perché verrebbe letto dal candidato come un matusalemme.
Fare colloqui “solo” in presenza ci dice anche che con tutta probabilità, queste selezioni sono rivolte a candidati vicini all’azienda perché non sarebbe naturale pretendere che il primo colloquio venga fatto in presenza se il candidato vive in Sicilia e l’azienda è a Ravenna.
Oggi, le selezioni devono essere aperte a tutto il Paese, a volte anche all’estero. Le persone sono disposte a trasferirsi per lavorare in un ambiente stimolante. Il tuo prossimo candidato potrebbe vivere a Catania ma, se non viene raggiunto dalla tua opportunità non verrà mai a bussare alla tua porta. Aggiungiamo anche che per alcuni ruoli, il lavoro a distanza può essere produttivo allo stesso livello del lavoro in presenza. Anche questa è una dinamica che ogni anno è più diffusa e presto sarà completamente sdoganata.
Il terzo dato in ordine di grandezza dice che il 22,4% dei partecipanti utilizza strumenti per analizzare le soft skill. Non sappiamo l’efficacia di questi strumenti poiché ne esistono tanti e qualcuno è anche autoprodotto. Ad esempio, abbiamo visto in qualche azienda questionari fatti “in casa” senza nessuna base scientifica. Consideriamo che il CV e il colloquio di lavoro è un contesto dove il candidato tende a enfatizzare i suoi punti di forza e a volte inventandoseli.
Per ora, consideriamo che solo ¼ circa dei partecipanti verifica, con qualche strumento, la validità delle soft skill del candidato prima di inserirlo.
Con tutta probabilità molti imprenditori e manager non sono a conoscenza dell’esistenza di questi strumenti e del valore aggiunto che portano in fase di selezione, altrimenti ne farebbero maggiore uso.
La nostra speranza è questo contenuto possa incuriosire al punto di iniziare a provarne l’efficacia. Una sola raccomandazione, devono essere utilizzati strumenti certificati come la nostra “Analisi del Talento” che ha una comprovata affidabilità del 95%.
Questi strumenti, affiancati da un bravo consulente, permettono di avere un quadro predittivo di come il candidato si inserirà in azienda, di quali risultati potrà ottenere e dello sforzo che l’azienda dovrà compiere per renderlo produttivo.
Questa è la principale area di rischio per l’azienda perché il 68% dei partecipanti ha dichiarato di gestire l’intero ciclo di selezione in autonomia completa. La domanda è ovvia: con quali comprovate competenze?
Conosciamo le PMI italiane e la maggior parte di esse non ha un vero HR Manager che ha le competenze, per gestire in modo professionale l’intero ciclo di selezione. Intero ciclo significa chiarire a sé stessi il profilo del candidato ricercato, saper scrivere un annuncio accattivante e veicolarlo sui giusti media, scremare i Cv in arrivo, programmare i colloqui, ect.
Chi utilizza quest’approccio lascia troppo spazio alla “fortuna” e alle sensazioni di pancia. Non neghiamo che esistano imprenditori che hanno il tocco magico nel capire il valore di una persona ma, quanti hanno veramente quel tocco magico?
Siamo abituati a prendere decisioni che hanno una variabile di rischio, lo facciamo ogni giorno. Ma perché farlo quando ci sono altre strade più sicure? Che senso ha correre questo rischio in una selezione sapendo che le magagne verranno a galla dopo qualche mese e dovrai ricominciare daccapo? A chi è già capitato sa quanto gli è costato in termini di denaro, tempo e soprattutto emozioni.
Esistono professionisti e strumenti che funzionano, per incrementare la percentuale del successo di una selezione, basta utilizzarli correttamente e inserirli in azienda con le modalità più consone al contesto.
Avevamo la sensazione che il vostro punto di vista, su questo punto, fosse analogo al nostro. In fondo viviamo tutti i giorni nelle PMI nostre clienti e vediamo le difficoltà.
La somma delle risposte abbastanza impegnativo, molto impegnativo e fallimentare è ben l’86%.
In particolare, il settore dei servizi è quello che registra le maggiori difficoltà. Ascoltando diversi imprenditori, alcuni ruoli sono quasi introvabili. Pensiamo ad esempio ai programmatori, ai consulenti applicativi, agli operatori della meccanica di precisione e altri.
Secondo noi, proprio per questo motivo l’azienda deve essere distintiva, per attrarre i pochi candidati disponibili e che vedono nell’offerta il miglior bilanciamento possibile fra vita e lavoro con le adeguate prospettive di crescita.
Il tema della scarsità di alcune figure professionali è molto più ampia e meriterebbe un approfondimento a parte che non era nell’obiettivo di questa survey.
Se hai trovato interessante il nostro articolo sull’osservatorio richiedi il report completo con il form qui sotto.
L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulle PMI
Il un nuovo osservatorio, sei pronto a scoprirlo?
Abbiamo lanciato un nuovo sondaggio per gli osservatori di Fattoria dei Talenti, ci farebbe molto piacere ricevere un tuo contributo. Vieni a dire la tua!
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Sentivamo l’urgenza di farlo perché ci siamo resi conto che tutti i nostri clienti avevano selezioni aperte e incontravano vari gradi di difficoltà.
Per allargare il punto di vista e condividere esperienze, abbiamo chiesto la compilazione anonima della survey ai nostri contatti Linkedin. Hanno dato il loro contributo 1.751 contatti qualificati fra imprenditori, CEO e Manager e ora, condividiamo quali sono le principali evidenze emerse.
Non abbiamo la pretesa di offrire la stessa qualità di istituti di ricerca specializzati ma, il parere di 1.751 persona per noi ha un peso rilevante visto che viviamo la realtà delle PMI italiane.
In questo breve articolo diamo una panoramica globale sui principali aspetti e per chi fosse interessato ad approfondire, forniamo un documento più dettagliato.
Per rendere più fruibile l’articolo, riportiamo le principali domande della survey e le rispettive nostre considerazioni.
Tra le risposte, spicca in particolare la motivazione legata all’espansione di un’area in crescita, è così per il 62,2 % di chi ha risposta al sondaggio. Questo è un segnale positivo, perché indica che molte aziende continuano a crescere nonostante un clima di incertezza con i media che parlano di crisi dal 2008 senza interruzione.
Sappiamo che nulla resta immutato e quindi un’azienda o avanza o arretra.
Il 62,2% ci dice anche che queste aziende programmano la loro crescita, sono obbligate a farlo, per non perdere opportunità di mercato. La programmazione è un modus operandi fondamentale, per limitare le urgenze in azienda e avere risultati migliori.
Deve far accendere invece un campanello di allarme il fatto che il 22,4% degli intervistati dichiara che la selezione è stata attivata per sostituire un collaboratore in uscita.
Quasi un collaboratore su quattro è un turnover molto alto. Ovviamente è la qualità del turnover che ha valore. Sarebbe molto preoccupante se ad andarsene fossero i migliori collaboratori, quelli che portano il maggior valore in azienda.
E qui dovremmo farci qualche domanda:
• cosa sto facendo per trattenere le migliori risorse?
• quali azioni concrete ho messo in campo, per valorizzare il talento dei collaboratori?
• Quale storia sto raccontando al mercato, per rendere attrattiva la mia azienda?
Veniamo al terzo dato e facciamo un riconoscimento a quel 9,1% che ha dichiarato di tenere aperta la selezione per avere abbondanza di candidati.
Questa è un’ottima strategia perché permette di avere il tempo di fare le cose con più calma e andare in profondità quando capita un candidato interessante. La selezione fatta in emergenza, quando il bisogno inizia a diventare preoccupazione, è una modalità che si basa troppo sulla “fortuna” di trovare il giusto candidato piuttosto che avere il tempo, per fare la migliore scelta possibile.
Ogni PMI italiana dovrebbe alzare progressivamente la qualità dei suoi collaboratori, per aspirare ad avere il miglior team che un imprenditore possa desiderare. La nostra esperienza dice che chi usa questo approccio ha un gioiello di azienda dove si respira un ottimo clima e si producono tanti risultati.
Il 42% dei partecipanti ha indicato l’area produttiva/tecnica, seguita da un 34,9% che ha indicato l’area consulenza/vendita.
Questi dati non ci stupiscono e sono in linea con le selezioni che stanno gestendo i nostri clienti.
Sono dati coerenti anche con i movimenti geopolitici che spingono molte PMI italiane a riportare in Italia produzioni che erano a est, nell’area dell’attuale BRICS. Questo momento storico di forti tensioni ha messo in difficoltà molti imprenditori che prima del 2022 producevano in Russia o in Cina. Ovviamente non è una realtà che accomuna tutte le PMI, esistono spinte espansive naturali che impongono una crescita degli organici.
I dati emersi dalle vostre risposte sono omogenei anche se rapportati alle dimensioni delle aziende. Non sono solo grandi aziende che stanno espandendo l’area produttivo/tecnica e quella della consulenza/vendita.
Queste risposte sono molto interessanti perché evidenziano le abitudini delle aziende quando affrontano un tema strategico come la selezione.
Il 37,7% ha dichiarato di effettuare colloqui misti in presenza e on line. Quello che preoccupa è che un corposo 35,6% ha dichiarato di effettuare colloqui “solo” in presenza.
Sono dati che devono fare riflettere perché sempre di più a condurre il gioco sono i candidati che oggi “scelgono” l’azienda. Lo vediamo nella nostra normale operatività, il Covid ha dato una forte accelerazione alla digitalizzazione e ha sdoganato per sempre le video call.
Ci sono candidati che preferiscono fare il primo colloquio in video call, uno strumento che i giovani candidati considerano “normale” rispetto ai tempi. Un imprenditore o un manager che pretende di conoscere il candidato solo in presenza potrebbe perdere già delle buone opportunità perché verrebbe letto dal candidato come un matusalemme.
Fare colloqui “solo” in presenza ci dice anche che con tutta probabilità, queste selezioni sono rivolte a candidati vicini all’azienda perché non sarebbe naturale pretendere che il primo colloquio venga fatto in presenza se il candidato vive in Sicilia e l’azienda è a Ravenna.
Oggi, le selezioni devono essere aperte a tutto il Paese, a volte anche all’estero. Le persone sono disposte a trasferirsi per lavorare in un ambiente stimolante. Il tuo prossimo candidato potrebbe vivere a Catania ma, se non viene raggiunto dalla tua opportunità non verrà mai a bussare alla tua porta. Aggiungiamo anche che per alcuni ruoli, il lavoro a distanza può essere produttivo allo stesso livello del lavoro in presenza. Anche questa è una dinamica che ogni anno è più diffusa e presto sarà completamente sdoganata.
Il terzo dato in ordine di grandezza dice che il 22,4% dei partecipanti utilizza strumenti per analizzare le soft skill. Non sappiamo l’efficacia di questi strumenti poiché ne esistono tanti e qualcuno è anche autoprodotto. Ad esempio, abbiamo visto in qualche azienda questionari fatti “in casa” senza nessuna base scientifica. Consideriamo che il CV e il colloquio di lavoro è un contesto dove il candidato tende a enfatizzare i suoi punti di forza e a volte inventandoseli.
Per ora, consideriamo che solo ¼ circa dei partecipanti verifica, con qualche strumento, la validità delle soft skill del candidato prima di inserirlo.
Con tutta probabilità molti imprenditori e manager non sono a conoscenza dell’esistenza di questi strumenti e del valore aggiunto che portano in fase di selezione, altrimenti ne farebbero maggiore uso.
La nostra speranza è questo contenuto possa incuriosire al punto di iniziare a provarne l’efficacia. Una sola raccomandazione, devono essere utilizzati strumenti certificati come la nostra “Analisi del Talento” che ha una comprovata affidabilità del 95%.
Questi strumenti, affiancati da un bravo consulente, permettono di avere un quadro predittivo di come il candidato si inserirà in azienda, di quali risultati potrà ottenere e dello sforzo che l’azienda dovrà compiere per renderlo produttivo.
Questa è la principale area di rischio per l’azienda perché il 68% dei partecipanti ha dichiarato di gestire l’intero ciclo di selezione in autonomia completa. La domanda è ovvia: con quali comprovate competenze?
Conosciamo le PMI italiane e la maggior parte di esse non ha un vero HR Manager che ha le competenze, per gestire in modo professionale l’intero ciclo di selezione. Intero ciclo significa chiarire a sé stessi il profilo del candidato ricercato, saper scrivere un annuncio accattivante e veicolarlo sui giusti media, scremare i Cv in arrivo, programmare i colloqui, ect.
Chi utilizza quest’approccio lascia troppo spazio alla “fortuna” e alle sensazioni di pancia. Non neghiamo che esistano imprenditori che hanno il tocco magico nel capire il valore di una persona ma, quanti hanno veramente quel tocco magico?
Siamo abituati a prendere decisioni che hanno una variabile di rischio, lo facciamo ogni giorno. Ma perché farlo quando ci sono altre strade più sicure? Che senso ha correre questo rischio in una selezione sapendo che le magagne verranno a galla dopo qualche mese e dovrai ricominciare daccapo? A chi è già capitato sa quanto gli è costato in termini di denaro, tempo e soprattutto emozioni.
Esistono professionisti e strumenti che funzionano, per incrementare la percentuale del successo di una selezione, basta utilizzarli correttamente e inserirli in azienda con le modalità più consone al contesto.
Avevamo la sensazione che il vostro punto di vista, su questo punto, fosse analogo al nostro. In fondo viviamo tutti i giorni nelle PMI nostre clienti e vediamo le difficoltà.
La somma delle risposte abbastanza impegnativo, molto impegnativo e fallimentare è ben l’86%.
In particolare, il settore dei servizi è quello che registra le maggiori difficoltà. Ascoltando diversi imprenditori, alcuni ruoli sono quasi introvabili. Pensiamo ad esempio ai programmatori, ai consulenti applicativi, agli operatori della meccanica di precisione e altri.
Secondo noi, proprio per questo motivo l’azienda deve essere distintiva, per attrarre i pochi candidati disponibili e che vedono nell’offerta il miglior bilanciamento possibile fra vita e lavoro con le adeguate prospettive di crescita.
Il tema della scarsità di alcune figure professionali è molto più ampia e meriterebbe un approfondimento a parte che non era nell’obiettivo di questa survey.
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L’editoriale dei soci di Fattoria dei Talenti
KPI e comunicazione nella gestione delle prestazioni
Il Performance Management (gestione delle prestazioni) è l’attività che ciascun imprenditore, manager e responsabile delle risorse umane deve padroneggiare per gestire la produttività di ciascuno dei propri collaboratori.
L’obiettivo principale è governare, attraverso la gestione delle performance di ogni singola persona, il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Inoltre, aiuta a identificare i punti di forza e di debolezza di un’azienda, nonché ad intervenire tempestivamente sui possibili errori che si stanno commettendo.
È un’attività che richiede visione, precisione, comunicazione efficace e ripetitività costante. Il cuore di questa gestione è rappresentato dai Key Performance Indicators (KPI), una vera e propria bussola per i manager e i loro team.
Perché questa bussola sia realmente efficace, è fondamentale non solo scegliere i KPI giusti, ma anche gestire efficacemente la comunicazione all’interno del team di progetto.
In questo articolo, ti parlo di come i KPI e la comunicazione interagiscono per ottimizzare la gestione delle performance, con un focus su come implementarli correttamente per massimizzare i risultati.
Cosa sono i KPI per la gestione delle prestazioni?
I Key Performance Indicator sono i valori con i quali misurare le prestazioni dei collaboratori di un’azienda.
Ci danno informazioni fondamentali sullo stato in cui si trova l’azienda e su come migliorare per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Come impostare un sistema di monitoraggio dei KPI?
Segui questi passaggi:
– Identifica gli obiettivi della tua azienda.
– Crea un elenco di KPI in base a ciascun obiettivo.
– Comunica ai collaboratori quali KPI verranno monitorati.
– Negozia con ciascuno di loro il proprio specifico target (sulla base di quello che ti aspetti da ognuno).
– Effettua follow-up con ciascuno su base regolare.
4 principi per creare e utilizzare i KPI in modo efficace
Ogni azienda ha i propri KPI e anche aziende simili possono avere indicatori diversi in quanto avranno sicuramente obiettivi diversi e non possono essere misurate allo stesso modo.
Tuttavia, qualunque sia l’azienda, i KPI devono rispettare dei principi generali.
1. Individua KPI SMART:
Specifici: chiaramente legati agli obiettivi del progetto.
Misurabili: quantificabili in modo da confrontarsi su dei numeri.
Arrivabili: ossia raggiungibili e realistici rispetto alle risorse e ai tempi disponibili.
Rilevanti: importanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi dell’azienda.
Temporaneamente definiti: con una scadenza chiara, per spingere verso il completamento degli obiettivi nei tempi stabiliti.
Questi criteri aiutano a garantire che ogni KPI non solo misuri effettivamente ciò che è importante per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ma che sia anche una leva motivazionale per il team.
2. Scegli le tue misure con uno scopo
Troppe organizzazioni tengono traccia delle cose semplicemente perché lo hanno sempre fatto, ma chiaramente questo porta ad una sovrabbondanza di KPI discutibili. Ti consiglio invece di monitorare solo alcune misure importanti, quelle più rilevanti per ciò che stai cercando di ottenere. Se non riesci a spiegare perché un particolare KPI è importante, questo è un motivo sufficiente per abbandonarlo. Tieni presente che più KPI hai, maggiore sarà lo sforzo necessario per raccoglierli e analizzarli. Vale il principio “less is more” per tenere alta la focalizzazione delle persone.
3. Includi sempre un target
Le organizzazioni che hanno appena iniziato con i KPI a volte sentono di non disporre di informazioni storiche sufficienti per assegnare un obiettivo preciso. Ma lavorare senza un obiettivo aggiunge un livello di soggettività alla misurazione: come fai a sapere se stai andando bene oppure no?
Dovresti scegliere KPI per i quali puoi fare un’ipotesi plausibile sul proprio target utilizzando ricerche di settore o informazioni storiche.
4. Comprendi quando abbandonare un KPI
Un errore comune nel Performance Management è quello di monitorare un eccessivo numero di KPI o un set di KPI immutabili nel tempo. È fondamentale adottare un approccio focalizzato su pochi KPI essenziali che riflettano veramente i punti critici dell’azienda. Inoltre, così come cambiano gli obiettivi dell’azienda, altrettanto devono cambiare i KPI per concentrare l’attenzione e le risorse su ciò che realmente conta.
Il ruolo della comunicazione
La chiave per la gestione efficace dei KPI non risiede solo nella loro corretta selezione e definizione, ma anche nella capacità di comunicarli efficacemente al team.
La comunicazione chiara e continua è essenziale per garantire che ciascun collaboratore:
– comprenda l’importanza dei KPI come mezzo non di giudizio, ma di aiuto al proprio miglioramento affinchè contribuisca per la sua quota-parte al raggiungimento degli obiettivi dell’azienda.
– capisca chiaramente il set dei KPI che verranno rilevati sul proprio ruolo.
– partecipi attivamente alla definizione del proprio target relativamente a ciascun KPI
La presentazione dei KPI deve essere chiara e diretta, magari mediante l’utilizzo di dashboard interattive che consentono di visualizzare i dati in tempo reale a ciascuna persona affinché essa stessa possa avviare un processo di autovalutazione e automiglioramento.
Strategie e consigli pratici: come ottimizzare i KPI nella tua PMI
Come titolare o manager di una piccola o media impresa, capisco bene le sfide che incontri ogni giorno. Voglio condividere con te alcune strategie e consigli che puoi applicare per gestire efficacemente i KPI nella tua realtà.
Spero che possano fare la differenza anche per te così come lo è stato per i miei clienti.
Dai priorità ai KPI che creano vero valore: concentrati su quei KPI che influenzano direttamente i tuoi profitti e la soddisfazione dei tuoi clienti. Ad esempio, il tempo di ciclo di produzione, il livello di soddisfazione dei clienti e il tasso di conversione delle vendite sono metriche che possono davvero fare la differenza. Scegli con attenzione e monitora costantemente.
Sfrutta la tecnologia a tuo vantaggio: non è necessario spendere una fortuna per tenere traccia dei KPI. Se non hai specifici software che estrapolano i dati dal gestionale da mostrare in una dashboard, in prima battuta puoi evitare di investire budget in costosi strumenti tecnologici.
Ad esempio, per il marketing online hai già a disposizione strumenti come Google Analytics.
Per altre funzioni aziendali potresti avere già della reportistica nel sistema informativo oppure potresti cominciare raccogliendo i pochi dati su semplici fogli excel, purchè mostrati sottoforma di grafici.
Forma continuamente il tuo team: è fondamentale che tutti nel team comprendano l’importanza dei KPI e sappiano come il loro lavoro contribuisce al successo generale. Investi in formazione continua per garantire che tutti sappiano come raccogliere dati accurati e interpretare i risultati per prendere decisioni informate.
Sii agile e adattabile: in una PMI, la capacità di adattarsi rapidamente è vitale. Sii pronto a modificare i tuoi KPI in risposta ai cambiamenti del mercato o interni alla tua azienda. Questa agilità ti aiuterà a rimanere competitivo e attento alle esigenze dei tuoi clienti e alle opportunità di mercato che si presenteranno.
Rivedi periodicamente i KPI: organizza incontri regolari per valutare l’efficacia e la pertinenza dei tuoi KPI per identificare aree di miglioramento e per rivedere gli obiettivi di conseguenza. Invita il team a partecipare a queste discussioni per un feedback diretto che potrà far aumentare il loro coinvolgimento e motivazione.
Potrai trasformare i KPI da semplici indicatori a potenti strumenti strategici, essenziali per stimolare il miglioramento continuo e fornirti un vantaggio competitivo nel tuo settore.
Ricorda, i KPI vanno oltre i numeri; sono vere e proprie guide che orientano le tue decisioni verso il successo!
La strada verso il successo
La chiave per il successo di un’azienda risiede nella capacità di misurare efficacemente le prestazioni attraverso i KPI e di utilizzare questi dati per guidare decisioni strategiche e azioni concrete.
Un aspetto dinamico della gestione dei KPI è la loro continua valutazione e revisione. Se un KPI non rispecchia più le tue esigenze, non esitare a rivederlo. Solo così il tuo approccio rimarrà efficace e in sintonia con le dinamiche del mercato e gli obiettivi aziendali.
Natascia Nardi
Etica, morale e valori: il puzzle perfetto nell’impresa
Mi capita spesso quando parlo con imprenditori e manager di notare che i termini etica, valore, morale vengono utilizzati a volte in modo intercambiabile.
Ovviamente questo genera confusione poiché ognuna di queste parole ha un significato specifico e se non ci è chiaro qual è l’effettivo significato di parole così importanti diventa molto difficile mettere in atto quei comportamenti che possono essere riconosciuti come tali da chi ci osserva e quindi dai collaboratori.
La definizione di etica
Voglio fare chiarezza in questo articolo su queste tre parole su come utilizzarle perché ritengo che intorno a questi tre termini si gioca buona parte se non il totale successo di un’impresa.
Come fa un imprenditore a definire in modo chiaro la sua vision, la sua mission, e i suoi valori se non si parte da chiarezze e certezze?
Vorrei partire proprio dal significato di queste parole utilizzando fonti autorevoli che con tutta probabilità sono le stesse che vengono consultate dagli imprenditori e quindi partiamo da una base comune punto.
Ecco come definisce la Treccani il significato di etica: “L’etica studia i fondamenti che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico e normativo, ovvero distinguerli in buoni, giusti, leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti ingiusti, illeciti, sconvenienti o cattivi secondo un ideale modello comportamentale (ad esempio, una data morale)… ètica s. f. [dal lat. ethĭca, gr. ἠϑικά, neutro pl. dell’agg. ἠϑικός: v. etico1]. – Nel linguaggio filos., ogni dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo, soprattutto in quanto intenda indicare quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé stessi e verso gli altri, e quali i criterî per giudicare sulla moralità delle azioni umane”.
Morale: un’ulteriore sfaccettatura
In questa porzione di definizione presa dalla Treccani risalta una nuova parola che è proprio “morale”.
E quindi dovendo partire da basi certo e condivise vediamo cosa dice sempre la Treccani in merito al significato di morale: “morale¹ agg. e s. f. e m. [dal lat. moralis, der. di mos moris «costume», coniato da Cicerone per calco del gr. ἠϑικός, der. di ἦϑος: v. ethos, etico1, etica]. – 1. agg. a. Relativo ai costumi, cioè al vivere pratico, in quanto comporta una scelta consapevole tra azioni ugualmente possibili, ma alle quali compete o si attribuisce valore diverso o opposto (bene e male, giusto e ingiusto)”.
Il significato di valore
Come si può facilmente notare la definizione di morale chiama in causa un ulteriore concetto, che è il “valore” lasciando intendere appunto che dietro al valore così come dietro all’etica ci siano attribuzioni del tutto soggettive.
E allora vediamo cosa dice sempre la Treccani sul significato di valore: “Il termine ‘valore’ è usato abitualmente nel linguaggio ordinario in due significati diversi, ma interscambiabili. In un primo significato qualsiasi cosa sia ritenuta oggettivamente importante o sia soggettivamente desiderata è o ha un valore. In un secondo significato il valore non indica l’oggetto dell’interesse, ma il criterio della valutazione, ossia il principio generale in base al quale approviamo o disapproviamo una certa azione, come quando disapproviamo chi non mantiene la parola data, perché non rispetta un principio di lealtà nei rapporti interpersonali. Nel linguaggio comune i ‘valori’, al plurale, indicano gli ideali a cui gli esseri umani aspirano”.
L’influenza dei valori personali
Sono particolarmente concorde su quest’ultima parte della definizione che indica il valore come qualcosa di fortemente ancorato agli ideali a cui gli esseri umani aspirano, ed ecco che qui emerge con tutta la sua forza l’aspetto soggettivo di cosa sia un valore. Non a caso il nostro comportamento è totalmente condizionato dai valori guida che ci ispirano e questi sono ovviamente del tutto soggettivi.
Ad esempio una persona che ha come valore guida principale quello della libertà farà più fatica ad accettare un posto di lavoro da dipendente dove con tutta probabilità dovendo sottostare a regole precise non potrà decidere in totale autonomia del suo operato. O ancora una persona che ha come valore guida profondo quello dell’aiuto farà molta fatica ad ignorare le richieste d’aiuto che gli provengono da amici o colleghi. E quindi corretto che ognuno di noi si interroghi su quali siano i suoi valori profondi, i valori guida che condizionano totalmente il proprio comportamento e i propri risultati.
Non a caso nella definizione di morale si fa riferimento alla scelta tra azioni ugualmente possibili alle quali si può attribuire valore diverso e opposto.
Etica, morale e valore nell’impresa
Questa panoramica sul significato dei tre termini può a questo punto aiutarci a mettere le cose nel posto giusto e a comprendere che l’etica include sia la morale che i valori.
Per semplificare il concetto prendo prestito il teorema di Pareto che, a quanto pare, si manifesta in tanti contesti della vita. Potremmo quindi dire che l’80% dell’etica ha a che fare con norme socialmente condivise su ciò che è giusto o sbagliato per conseguire un fine comune. Il restante 20% è dato dalla morale e dai valori che sono soggettivi.
Il punto è che la mia esperienza personale mi ricorda che quel 20% è responsabile 80% del risultato anche in questo caso. Ad esempio, la nostra società stabilisce che sia etico mangiare carne, cioè è una pratica condivisa su cui si è preso una forma di accordo. Ma per qualcuno mangiare carne non è morale perché contrasta con i propri valori.
Vision, mission e valori: l’accordo con i collaboratori
Questo excursus ci fa comprendere quanto in un’impresa non si può sperare di trovare pieno accordo sullo scopo che l’impresa stessa devo ottenere e sui risultati che tutti collaboratori devono ottenere se non si considerano gli aspetti soggettivi che hanno a che fare con la morale e i valori delle singole persone. Un imprenditore dovrebbe chiedersi anche se i suoi collaboratori condividono un punto di vista su ciò che sia morale e che trovino accordo sulla condivisione di almeno due o tre valori.
Quali potrebbero essere i risultati di un imprenditore che definisce con chiarezza la propria vision la propria mission e i propri valori senza aver verificato se i suoi collaboratori oltre che essere disposti a seguire il suo sogno condividono la stessa morale e gli stessi valori?
Ugo D’Alberto
Essere proattivo, la proattività.
Nel 1946 la parola proattività diventa di dominio pubblico grazie al libro «L’uomo alla ricerca di significato».
L’autore, il neuropsichiatra esistenziale austriaco Dott. Viktor Frankl, ha usato il termine per descrivere una persona che assume la responsabilità della propria vita, piuttosto che cercare le cause in circostanze esterne o in altre persone.
Frankl ha sottolineato l’importanza del coraggio, della perseveranza, della responsabilità individuale e della consapevolezza dell’esistenza di scelte, indipendentemente dalla situazione o dal contesto.
Solo in tempi più recenti è entrata nel linguaggio aziendale ed è stata usata per definire chi opera con il supporto di metodologie e strumenti utili a percepire anticipatamente i problemi, le tendenze o i cambiamenti futuri, al fine di prevedere e pianificare le azioni opportune in tempo.
La guida del mese!
La guida scelta per te questo mese è su un tema molto importante, ha a che fare con la tua immagine, e con l’immagine della tua azienda.
Hai mai sentito questa frase: il valore del brand della tua azienda è costituito dalla somma dei brand personali delle persone che la compongono.
La guida che potrai scaricare parla di personal branding!
Siamo arrivati alla fine dell’appuntamento di questo mese, rimani con noi perché ne arriveranno degli altri!
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Al prossimo mese!