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Un’interessante analisi della KPMG, uno dei più grandi network internazionali di servizi professionali alle imprese, lo scorso mese ha parlato di talenti, tematica ampiamente trattata nei due appuntamenti in diretta su LinkedIn intitolati “I talenti: la linfa aziendale”.
L’analisi ha mostrato come sono cambiate, prima e dopo il Covid-19, la percezione dei rischi e le priorità dei CEO: il talent risk, che nei primi mesi del 2020 era relegato all’ultimo posto dei rischi percepiti, nei mesi scorsi risulta al primo posto della classifica, insieme a capitale umano, purpose e sostenibilità. Abbiamo già parlato di talenti all’interno dell’azienda, abbiamo raccontato che ognuno di noi ha dei talenti più o meno nascosti. Abbiamo ripetuto che non si tratta solo di competenze tecniche, ma soprattutto di soft skills.
Ma come capire quando siamo di fronte a un talento al momento del colloquio?
L’ufficio HR di un’azienda, o direttamente il manager nelle realtà più piccole, svolge, tra gli altri, l’importante e arduo compito di reclutamento, selezione ed inserimento in azienda di nuovi dipendenti. Le prime due, il reclutamento e la selezione, sono fasi delicate che richiedono una grande sensibilità e abilità. È proprio questo il momento in cui si ha la possibilità di incontrare persone incredibilmente talentuose. Per una riuscita ottimale del colloquio, uno dei primi aspetti a cui prestare attenzione è tenere basso il livello di stress: mettere a proprio agio il candidato per fare in modo che dia il meglio di sé e che non si senta minacciato o in tensione. C’è chi addirittura preferisce organizzare il primo colloquio in un bar o un luogo informale, per “combattere ad armi pari” in un ambiente neutro.
Luogo informale e stress a parte, quali sono gli elementi chiave che devono far capire al recruiter se è di fronte a un talento perfetto per la propria azienda?
Io, qui di seguito, ve ne indico cinque per me fondamentali:
- ESPERIENZE – Il curriculum vitae è importante, è il biglietto da visita del candidato, la sua carta d’identità. Ma il segreto è non soffermarsi unicamente sulle esperienze strettamente legate alla figura professionale ricercata: il segreto è soffermarsi anche sulle piccole esperienze, sulle soft skill, su quel mese di volontariato relegato in fondo al CV. Dietro ogni esperienza può nascondersi il migliore talento.
- VALORI – Durante il colloquio cercare di individuare un possibile allineamento di valori e una possibile condivisione della vision aziendale. Comprendere l’etica del lavoro di chi si ha di fronte è necessario per capire se il futuro dipendente può contribuire attivamente al disegno generale e alla strategia aziendali. L’integrità professionale è senza dubbio tra le caratteristiche più complicate da individuare al primo colloquio, ma il segreto è porre le domande giuste. Ad esempio: qual è la decisione più difficile che hai dovuto prendere nella tua vita?
- “NOI” – Quanto è difficile esprimersi con il “noi” anziché l’”io”? Questa è una tendenza che porta ad avere una visione di gruppo e un atteggiamento orientato verso gli altri. Leggendo tra le righe: colui che parla al plurale in modo naturale quando si proietta all’interno della sua futura azienda sarà più propenso al team work, all’integrazione, alla collaborazione. L’inserimento in azienda sarà un gioco da ragazzi.
- DOMANDE – Fare domande è importante, ma ascoltare il candidato e fare in modo che sia lui a porre le domande (giuste) lo è ancora di più. Le persone curiose, preparate e interessate sono tra i migliori talenti da avere nella propria azienda.
- ISTINTO – A volte è semplicemente necessario fidarsi del proprio istinto. Ci sono alcuni candidati con cui si crea un’empatia improvvisa e immediata, una sintonia che non lascia spazio a dubbi. Secondo le informazioni raccolte da Undercover Recruiter, le prime impressioni sono incredibilmente potenti e che “il 33% dei capi sa entro i primi 90 secondi di un colloquio se assumerà qualcuno”. Se non è istinto questo…
E tu hai un elemento chiave che ti permette di capire quando sei di fronte a un talento? Ti va di condividerlo?
Ugo D’Alberto